Testimonianze

Oreste BazzichiOreste Bazzichi
Professore Università Seraphicum – Scuola per l’Alta Dirigenza di Dottrina Sociale della Chiesa Dicembre 2013

Per la DSC l’impresa deve caratterizzarsi per la capacità di servire il bene comune della società attraverso la produzione di beni e servizi utili (Compendio DSC, n.338). Quindi, l’impresa non deve solo aspirare a realizzare profitti (elemento essenziale e vitale per la sua sopravvivenza), ma tendere al benessere delle persone e della società(n. 340). In questa direzione l’imprenditore e il dirigente rivestono un’importanza centrale dal punto di vista sociale perché si collocano al centro di quella rete di legami tecnici, commerciali, finanziari, culturali, che caratterizzano la moderna realtà d’impresa (n. 334).
L’imprenditore guarda al profitto, ma insieme cerca di rendere il suo prodotto qualitativamente il migliore.
Dovere etico dell’imprenditore è reinvestire e rischiare il proprio capitale in iniziative di nuova imprenditorialità, evitando di occupare spazi che li fanno più operatori della finanza che creatori di economia reale; riprendendo a fare impresa e a stare sul mercato; esprimendo innovazione e crescita delle risorse umane; collegando lo sviluppo dell’impresa con lo sviluppo del sistema. Perché l’impresa non è soltanto dell’imprenditore o dei lavoratori, ma è un bene sociale, e la sua buona gestione è interesse dell’intera società.

Michele Pennisi - Vescovo di MonrealeMichele Pennisi
Arcivescovo di Monreale (Verona, 22 novembre 2013) Festival Dottrina Sociale della Chiesa

La santità non solo una dimensione personale ma anche sociale.
Il beato Giuseppe Toniolo, aveva scritto all’inizio del secolo XX:” Noi credenti sentiamo, nel fondo dell’anima, che chi definitivamente recherà a salvamento la società presente, non sarà un diplomatico, un dotto,un eroe, bensì un santo, anzi una società di santi”.
Rimanere fedeli al battesimo significa fare di Cristo il centro della nostra vita ed essere testimoni credibili dell’amore gratuito di Dio, svolgendo il nostro servizio all’interno della nostra comunità con lo stile evangelico che Cristo ci ha testimoniato.
Ognuno di noi , santificato nel battesimo e nella cresima e nutrito dell’Eucaristia, sull’esempio di santa Cecilia, deve convincersi che può diventare santo non ostante i suoi difetti e le sue debolezze e che deve diventare santo, se vuole realizzare in pienezza tutto sé stesso e trovare un senso pieno alla sua vita.

Marco VitaleMarco Vitale
Economista – Scuola per l’Alta Dirigenza in Dottrina Sociale della Chiesa Febbraio 2014

La verità è che sappiamo benissimo cosa fare. La prima e principale cosa è riportare i banchieri a fare i banchieri Cioè a raccogliere il risparmio e impiegarlo, non per se stessi ma, al servizio dei clienti della banca, per scopi produttivi che portino benefici ad un tempo ai propri clienti, alla banca stessa, alla collettività. Per realizzare questo obiettivo non possiamo contare sul senso di responsabilità dei banchieri. Uno dei vantaggi dei cinque anni di crisi è di avere messo a nudo che questo senso di responsabilità è totalmente inesistente. Devono essere obbligati a fare le cose giuste. Da soli non le faranno mai. Le cose principali da fare sono quelle ben formulate nel “Consiglio Pontificio Giustizia e Pace” del 24 ottobre 2011:
– separare il mestiere della banca di deposito da quello della banca d’affari o d’investimento;
– gli interventi dello Stato per salvare e ricapitalizzare banche in difficoltà non possono essere, come sono stati nel 2008-2009, eseguiti senza condizioni. Un intervento pubblico nelle banche in difficoltà deve essere subordinato a condizioni rigorose nella “governance”, per assicurare il controllo dell’impiego che verrà fatto del denaro dei contribuenti. Non possiamo continuare a socializzare le perdite e privatizzare i profitti;
– imporre una tassa modesta ma generale e uguale per tutti sulle transazioni finanziarie. Se l’avessimo fatto a partire dal 2008 il debito sovrano che tanti problemi ha sollevato sarebbe stato contenuto ed avremmo ridotto la propensione dei banchieri a giocare al casinò, rispetto a quello di fare il mestiere di banchiere.

Documenti fondamentali della Dottrina Sociale

La Dottrina Sociale della Chiesa

La Chiesa, nel corso della sua storia, non ha mai rinunciato — secondo le parole del Papa Leone XIII — a dire la «parola che le spetta» sulle questioni della vita sociale. Negli ultimi 120 anni in particolare il suo insegnamento ha preso forma in una sequenza di documenti fondamentali che, proponendo principi e criteri di interpretazione degli eventi contemporanei, hanno fornito a più riprese direttive d’azione per la promozione di un umanesimo integrale e solidale.

Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa

Il Compendio integra in una visione organica la ricca eredità di questi documenti, riconsegnandola rielaborata a tutti i fedeli cristiani e alle persone di buona volontà.

Documenti Fondamentali

  • Caritas in Veritate (2009) – Lettera enciclica di Benedetto XVI sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità
  • Spe salvi (2007) – Lettera enciclica di Benedetto XVI sulla speranza cristiana.
  • Deus caritas est (2005) – Lettera enciclica di Benedetto XVI sull’amore cristiano.
  • Evangelium vitae (1995) – Lettera enciclica di Giovanni Paolo II sul valore e l’inviolabilità della vita umana.
  • Centesimus annus (1991) – Lettera enciclica di Giovanni Paolo II nel centenario della Rerum Novarum.
  • Sollecitudo rei socialis (1987) – Lettera enciclica di Giovanni Paolo II nel ventesimo anniversario dellaPopulorum progressio.
  • Laborem exercens (1981) – Lettera enciclica di Giovanni Paolo II sul lavoro umano nel novantesimo anniversario della Rerum novarum.
  • Octogesima adveniens (1971) – Lettera enciclica di Paolo VI nell’ottantesimo anniversario dellaRerum novarum.
  • Populorum progressio (1967) – Lettera enciclica di Paolo VI sullo sviluppo dei popoli.
  • Gaudium et spes (1965) – Costituzione pastorale del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.
  • Dignitatis humanae (1965) – Dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa.
  • Ecclesiam suam (1964) – Lettera enciclica di Paolo VI sulle vie per le quali la Chiesa Cattolica debba oggi adempire il suo mandato.
  • Pacem in terris (1963) – Lettera enciclica di Giovanni XXIII sulla pace fra tutte le genti nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà.
  • Mater et magistra (1961) – Lettera enciclica di Giovanni XXIII sui recenti sviluppi della questione sociale, alla luce della dottrina cristiana.
  • Radiomessaggio di Pentecoste(1941) – Radiomessaggio di Pio XII nel cinquantesimo anniversario dellaRerum novarum.
  • Quadragesimo anno (1931) – Lettera enciclica di Pio XI sulla ricostruzione dell’ordine sociale nel quarantesimo anniversario dellaRerum novarum.
  • Rerum novarum (1891) – Lettera enciclica di Leone XIII sui temi sollevati dalla questione operaia.

Fondazione Segni Nuovi

Logo Fondazione Segni NuoviLa Fondazione Segni Nuovi mira a costruire una unità di pensiero e di azione tra i cattolici, mantenendo come riferimento la dottrina sociale della Chiesa.

Promuove la formazione delle coscienze, nella convinzione che l’esperienza delle cose belle e buone sia un elemento indispensabile per la crescita e lo sviluppo armonico della personalità. Favorisce la dimensione valoriale, privilegiando la qualità delle relazioni interpersonali. Indirizza le persone a scoprire comunitariamente il senso e la bellezza della vita, abilitandole ad una presenza responsabile nella società in virtù dell’insegnamento sociale cristiano.

La Fondazione persegue queste finalità organizzando iniziative culturali, di socializzazione, di formazione e di ascolto. La scoperta dell’arte, della natura, delle relazioni umane, la crescita nella conoscenza di sé e degli altri, la coltivazione della dimensione trascendente, l’attenzione all’interiorità e alla dimensione religiosa propria di ogni persona sono, infatti, elementi che contribuiscono al raggiungimento di una maturità personale e comunitaria, e arricchiscono di progettualità in modo particolare la vita dei giovani.

La Fondazione è aperta a tutti coloro che ne condividono gli scopi e i percorsi per la loro realizzazione. Intende esprimere un’attenzione particolare allo sviluppo del dialogo con il mondo giovanile. Non persegue alcuna finalità di lucro.

Dottrina Sociale

La Dottrina Sociale della Chiesa

La Chiesa, nel corso della sua storia, non ha mai rinunciato — secondo le parole del Papa Leone XIII — a dire la «parola che le spetta» sulle questioni della vita sociale. Negli ultimi 120 anni in particolare il suo insegnamento ha preso forma in una sequenza di documenti fondamentali che, proponendo principi e criteri di interpretazione degli eventi contemporanei, hanno fornito a più riprese direttive d’azione per la promozione di un umanesimo integrale e solidale.
Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa(2004) integra in una visione organica la ricca eredità di questi documenti, riconsegnandola rielaborata a tutti i fedeli cristiani e alle persone di buona volontà.

Il progetto

Essere lievito nella società

Progetto integrato di formazione sociale cristiana attraverso la conoscenza e l’approfondimento della Dottrina Sociale della Chiesa

Da più parti e da soggetti diversi è stato espresso il desiderio di creare un luogo di confronto tra cattolici impegnati nel lavoro, nel sociale e in responsabilità pubbliche. Siamo convinti che la Dottrina Sociale della Chiesa (DSC) è l’elemento comune di riferimento per un confronto tra soggetti diversi per sensibilità e azione ma convergenti nella costruzione del bene comune. La diversità dei soggetti e dell’operatività non sono dispersive ma arricchenti se sono fortemente condivise e trovano nei seguenti riferimenti un punto in comune:

  • il riferimento alla DSC nella sua completezza;
  • la condivisione di una causa;
  • un progetto integrato, coniugato a livelli diversificati ed espressione di una visione unitaria e condivisa dell’insegnamento sociale cristiano;
  • una strutturazione operativa che prevede un luogo di confronto attraverso la costituzione di gruppi a livello territoriale.

La chiarezza di una causa e il riferimento alla Dottrina Sociale della Chiesa

Per animare una rinnovata presenza di cristiani laici capaci di dedizione e di servizio sulla difficile frontiera dell’impegno sociale, economico e politico-istituzionale, riteniamo che si debba preliminarmente convenire su due assiomi fondamentali.

1. PASSIONE PER LA CAUSA CATTOLICA E PASSIONE PER LA PROMOZIONE DEL BENE COMUNE: con questa espressione — oggi certamente non di moda, anzi in qualche modo sospettata, e però permanentemente provocante — è da intendere l’intreccio dei seguenti elementi:

  • la convinzione profonda che i valori cristiani, quali presentati dalla Dottrina Sociale della Chiesa cattolica, identificano la verità dell’uomo e il tessuto etico fondante la società tra gli uomini;La causa cattolica non è da intendere come il complesso dei legittimi interessi della Chiesa da difendere nell’arengo politico-istituzionale (peraltro, questo non è da escludere), ma come la causa stessa dell’uomo. Ciò perché soltanto la rivelazione cristiana svela pienamente l’uomo a se stesso in quanto creato in Cristo e in vista di Cristo, ed esprime la verità e il senso delle relazioni fondamentali che l’uomo è chiamato a vivere con gli altri uomini [Cristo (…) svela pienamente l’uomo all’uomo (GS 22); Chi segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo (GS 41)].Ciò non comporta alcun confessionalismo, perché la verità dell’uomo che qui viene messa in rilievo è quella che gli appartiene già nell’ordine creaturale e sarebbe di per sé accessibile alla sua ragione se questa non fosse turbata e confusa nell’attuale condizione storica dalle conseguenze del peccato. La Dottrina Sociale non induce il cristiano a imporre l’adesione ai misteri della fede, piuttosto lo avvantaggia nel cogliere ciò che è propriamente e pienamente umano.
  1. la passione perché questa concezione dell’uomo e delle relazioni con gli altri uomini si realizzi nella storia, in forme concrete anche se sempre imperfette: ne va di qualcosa di grande, c’è in gioco — sia pur in termini ‘penultimi’ e strumentali, com’è nella natura delle cose — l’autenticità del destino personale e collettivo;
  2. la coscienza che tale convinzione e tale passione diventano “compito”, cioè responsabilità e impegno irrinunciabili, sia pur in diverse gradazioni, che danno volto e senso all’identità concreta del cristiano laico;
  3. la consapevolezza, custodita con coscienza pura, che questo compito supera l’interesse personale e familiare, e può domandare rinunce e sacrifici che si giustificano per se stessi, in nome della ‘causa’, senza bisogno di ricompense e di carriere, fino alla disponibilità a lasciare i posti o a esser “messi fuori” pur di non tradire;
  4. l’avvertenza che tale compito è urgente, sia perché la politica, se è limitata nel fare il bene, può essere smisurata nel fare danni, sia perché c’è da rendere ragione della capacità di incidenza storica del cristianesimo in termini oggettivi (progettualità politica) e soggettivi (testimonianza di uomini politici capaci di vero servizio al bene comune).

2. L’IMPEGNO SI ARTICOLA COME PROGETTO E PROGRAMMA NELL’OTTICA DELL’UMANESIMO PLENARIO DI CUI HA PARLATO PAOLO VI. Non è possibile promuovere un impegno forte e stabile dei cristiani laici se il loro apporto alle situazioni viene ridotto al semplice affrontare di volta in volta i singoli problemi che si pongono in un’agenda dettata dalla casualità o da attenzioni meramente pragmatiche, sia pur nella luce dei valori cristiani. Occorre un’idea, una visione e una prospettiva più ampie. Senza dimenticare i limiti intrinseci della concretizzazione economica, sociale e politica — che non può portare “salvezza” e spesso neppure “risolvere” le questioni quanto più queste investono le dimensioni antropologiche profonde e chiedono la disponibilità delle coscienze e delle libertà — è necessario tuttavia avere una visione d’insieme della società e delle sue prospettive di progresso autentico nell’oggi e nel domani (almeno quello attingibile dalle nostre responsabilità). In altre parole, occorre un progetto alto: non irrigidito ideologicamente, ma caratterizzato da un’ispirazione unitaria che ordini le diverse mete da perseguire secondo una scala di valori, non escludendone peraltro nessuno: difesa/promozione della vita e della famiglia e lotta contro tutte le povertà; apprezzamento delle energie creative della società civile e rispetto/valorizzazione delle pubbliche istituzioni; diritti e doveri; sicurezza e legalità; federalismo e unità della nazione; sincera adesione all’edificazione dell’unità europea e rispetto dei principi di sussidiarietà; cura dei nostri giusti interessi e piena apertura alla cooperazione internazionale in chiave di giustizia e di solidarietà, impegno effettivo per la pace, ecc.

Il progetto dovrebbe esser poi declinato in programmi concreti per non restare pura esercitazione teorica o dichiarazione verbale; chiamando su questi programmi, nel quadro del progetto, il consenso dei cittadini e rispondendone loro con chiarezza e lealtà.Progetto e programmi chiedono di essere animati, affinati, concretizzati anzitutto attraverso una continua riflessione culturale nell’intreccio tra Dottrina Sociale della Chiesa, situazioni storiche e dinamismi sociali, stimolata dalla passione per il bene integrale dell’uomo e arricchita da una condivisa esperienza di impegno e di servizio.

Fa sempre meditare, in ogni caso, quanto affermato nel 1981 dal Consiglio Permanente della CEI in uno dei suoi migliori documenti: Disperderci nella realtà sociale senza la nostra identità è il grave rischio da evitare. Se non abbiamo fatto abbastanza nel mondo, non è perché siamo cristiani, ma perché non lo siamo abbastanza (La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, n. 13).

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