Spesso consideriamo libertà il poter fare e scegliere tutto ciò che vogliamo. Quest’interpretazione confonde però la libertà con il libero arbitrio, con la scelta, cioè, di ciò che più ci piace, con scarsa considerazione per gli esiti sociali del nostro agire.
La libertà invece è un vivere profondamente ciò che siamo e siamo chiamati a realizzare, tanto da rendere possibile fare con gioia anche ciò che costa, se nell’operare siamo mossi dalla tensione al bene.
Essere liberi dentro la società, e non dalla società, richiama uno stare dentro le cose in maniera consapevole e intelligente che ci abilita a fare la differenza.
La nostra libertà si gioca infatti sulla qualità delle relazioni che riusciamo a creare perché viene dall’incontro con gli altri, non dal rifiutare i vincoli: la vita è naturalmente “legata” e non possiamo staccarci da ciò e da chi ci sta intorno.
In una società in cui tutto sembra disgregarsi, la prospettiva relazionale si offre come spazio al cui interno possiamo esercitare la nostra libertà che diventa, al contempo, responsabilità di costruire legami con ricadute positive sulla e nella società.
La realtà social amplifica questa responsabilità, perché con essa una notizia raggiunge potenzialmente in un istante milioni di giovani e meno giovani, risultando non di rado più incisiva e più vera di qualsiasi argomentazione portata avanti con i modi e i tempi della fisicità e della presenza.
Questa comunicazione smart e apparentemente leggera è in realtà gravida di conseguenze: con la rapidità di immagini e slogan, una moltitudine di messaggi scatena in breve un’ondata di like e di followers proni a condividere e a rinforzare un’idea spesso distorta di libertà, di diritto, di felicità, col risultato di una progressiva, inconsapevole riduzione di quest’ultima.
Questo impoverimento culturale, affettivo e relazionale ci porta a non essere mai veramente con l’altro ma, al limite vicino all’altro, sempre protetti dalle app che ci evitano di sperimentare la responsabilità e la scomodità, ma spesso anche il calore, dello spazio condiviso.
Se è nella reciprocità che si esprime la nostra unicità, non possiamo che “comprometterci” realmente con gli altri, andando oltre l’immediatezza di uno spazio virtuale, tanto facile quanto insostenibile nella profondità.
Assumerci il compito di educare al dono, facendo la fatica di mettere al mondo relazioni gratuite, e avendone cura: l’essere socialmente liberi passa anche per questa via.