L’omelia di Mons. Michele Pennisi di venerdì 25 novembre

  1 DICEMBRE 2016
Oggi, il Vangelo ci solleva lo spirito con una parabola piena di speranza.

Gesù invita gli ascoltatori a osservare il fico e gli altri alberi: quando si sono svegliati dal sonno dell’inverno, si conosce che l’estate è ormai vicina; la primavera non è ancora l’estate, ma ne è la promessa c’è un clima di speranza.

Gesù con esempi presi dalla natura ci insegna a conoscere i segni dei tempi’, a capire cosa succede dentro di noi e fuori di noi. Il Signore vuole che noi capiamo cosa succede nel nostro cuore, nella nostra vita, nel mondo, nella storia.

Gesù ci incoraggia a pensare per capire in profondità non soltanto con la testa, ma anche con il cuore, con tutto noi stessi.

Il discernimento dei segni dei tempi non è una cosa facile c’è il rischio dell’omologazione culturale al pensiero unico dominante, c’è il rischio del conformismo alla mentalità del mondo, all’opinione pubblica. C’è il rischio di essere massa di vagabondi senza un pensiero e una libertà personale e non popolo Papa Francesco nel videomessaggio per il festival di quest’anno ha detto: “Stare in mezzo alla gente significa avvertire che ognuno di noi è parte di un popolo.

La vita concreta è possibile perché non è la somma di tante individualità, ma l’articolazione di tante persone che concorrono alla costituzione del bene comune… essere insieme ci aiuta a vedere l’insieme”.

Lo spirito del mondo, – dice papa Francesco -ci spinge lungo «una strada di uniformità, ma senza quello spirito che fa il corpo di un popolo», trattandoci «come se noi non avessimo la capacità di pensare, come persone non libere».

Ma la salvezza è stata proprio questa: farci popolo di Dio che cammina nella storia verso la realizzazione di una promessa, avere la libertà di giudizio dei figli di Dio, per pensare secondo Dio e non secondo gli uomini.

I fatti che accadono intorno a noi e dentro di noi hanno un loro linguaggio. L’avvento del Regno ha le sue concrete manifestazioni nella storia, anche se percepirne i segni non può essere frutto di un intuito umano. È come un granellino di senapa gettato nel campo, quasi invisibile ad occhio nudo; occorrerà quindi del tempo prima che cresca e diventi un arbusto. Occorre quindi la luce dello Spirito e la divina sapienza per avvertirne la presenza e la crescita.

“Per capire i segni dei tempi,- ha detto papa Francesco – prima di tutto è necessario fare “silenzio, osservare, riflettere dentro di noi” e invocare nella preghiera lo Spirito Santo perché ci doni «l’intelligenza per capire» ciò che accade in noi e attorno a noi nel momento presente e per avere una speranza affidabile nel futuro fondato sulla promessa di Gesù:”il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.

Con questa certezza possiamo leggere gli eventi del mondo e della Chiesa, senza paura, senza dietrologie, senza visioni approssimative e piccine ma con lo sguardo ampio che solo la fede ci può donare. Il discepolo guarda al mondo con realismo ottimista: senza cedere alle previsioni catastrofiche dei profeti di sventure e alle lusinghe ingannevoli di chi periodicamente trova delle soluzioni ideologiche definitive e totalizzanti.

In attesa del realizzarsi delle promesse di Dio non possiamo restare immobili e rassegnati senza far nulla, perché aspettiamo cieli nuovi e terra nuova in cui avrà stabile dimora la giustizia.

Qui e ora dove viviamo costruiamo il Regno di Dio, con semplicità, con creatività, con gioia. Qui e ora realizziamo il sogno di Dio di un mondo in cui ci si accoglie nel rispetto delle diversità cercando insieme il senso ultimo della vita che Cristo ci ha rivelato.

I Cieli e la terra nuovi di cui ci parla l’Apocalisse sono un’immagine profetica , per dire il cambiamento, per affermare la novità, la buona notizia che cambia il volto della creazione. La rinnovata verginità dell’universo fa spazio alla generazione di colui che è il principio e il fine di tutto: Cristo.

Abbiamo tutti bisogno di nuovi stili di vita, di nuove relazioni, di solidarietà capace di far nascere progetti e fermenti di società rinnovata dalla speranza e dall’amore cristiano.

Siamo tutti chiamati ad essere pellegrini dell’Assoluto, Testimoni lieti nella speranza (Rm 12, 12) per il bene di quanti il Signore pone sulla nostra strada.

Il poeta Eliot nei suoi Cori della Rocca descrive il quotidiano, umile e tuttavia imponente contenuto della testimonianza che il vero cristiano rende a Gesù- Verità vivente e personale: «In luoghi abbandonati/Noi costruiremo con mattoni nuovi./Vi sono mani e macchine/E argilla per nuovi mattoni/E calce per nuova calcina./Dove i mattoni sono caduti/Costruiremo con pietra nuova./Dove le travi sono marcite/Costruiremo con nuovo legname./Dove parole non sono pronunciate/Costruiremo con nuovo linguaggio./C’è un lavoro comune/Una Chiesa per tutti/E un impiego per ciascuno/Ognuno al suo lavoro».

Le novità che scaturiscono dall’impegno quotidiano dei cristiani in tutta la pluralità delle sue espressioni scaturiscono dal mettere in comune e in relazione le buone pratiche, l’operatività virtuosa, la creatività, e con questo contribuire a costruire un mondo nuovo che anticipa il Regno di Dio futuro.

“ Per fare questo come ci ha esortati papa Francesco nell’omelia allo stadio di Firenze è necessario “Mantenere un sano contatto con la realtà, con ciò che la gente vive, con le sue lacrime e le sue gioie, è l’unico modo per poterla aiutare, formare e comunicare. È l’unico modo per parlare ai cuori delle persone toccando la loro esperienza quotidiana: il lavoro, la famiglia, i problemi di salute, il traffico, la scuola, i servizi sanitari… E’ l’unico modo per aprire il loro cuore all’ascolto di Dio.

I discepoli di Gesù non devono mai dimenticare da dove sono stati scelti, cioè tra la gente, e non devono mai cadere nella tentazione di assumere atteggiamenti distaccati, come se ciò che la gente pensa e vive non li riguardasse e non fosse per loro importante”.

Sempre nel videomessaggio di ieri Papa Francesco ci ha detto: “ noi siamo fatti per stare con gli altri. La nostra umanità si arricchisce molto se stiamo con tutti gli altri in qualsiasi situazione essi si trovano… stando in mezzo alla gente abbiamo accesso all’insegnamento dei fatti”.

La dottrina sociale della chiesa ci offre un metodo per un discernimento comunitario dei segni dei tempi coniugando tre verbi: conoscere, giudicare, agire.

Preghiamo il Signore che ci dia il dono del discernimento personale e comunitario , la grazia di camminare come pellegrini e non come vagabondi verso una meta sicura, con la saggezza che scaturisce dal Vangelo e dalla comunione ecclesiale e ci faccia vivere con speranza dell’avvento della nuova Gerusalemme pronta come una sposa adorna per il suo sposo”.

Mons. Michele Pennisi arcivescovo di Monreale
Membro del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

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