Mons. Vincenzi chiude il 6° Festival DSC: «Carichi di grande energia, torniamo a casa capaci di fare qualsiasi cosa»

  28 DICEMBRE 2016
Oggi, il Vangelo ci solleva lo spirito con una parabola piena di speranza.

Verona – Si è conclusa ieri al Teatro Nuovo di Verona e poi alla Chiesa di Santa Anastasia con la celebrazione della santa messa, la sesta edizione del Festival della dottrina sociale, coordinato da Fondazione Toniolo, che si è tenuto dal 24 al 27 novembre al Cattolica Center di Verona. Titolo dell’edizione è stato “In mezzo alla gente” ragion per cui molte delle attività programmate si sono tenute nei luoghi dove normalmente le persone vivono, lavorano o si ritrovano, dalla fabbrica – l’azienda Pedrollo di San Bonifacio – alle aziende ospedaliere – l’aula magna del policlinico di Borgo Roma – fino allo stesso teatro.

Ventimila le presenze registrate nelle tre giornate di lavori che sono state aperte con un vibrante messaggio di Papa Francesco che ha sottolineato come «L’isolamento sviluppa paura e diffidenza e impedisce di godere della fraternità….Stare in mezzo alla gente non significa solo essere aperti e incontrare gli altri ma anche lasciarci incontrare…Siamo noi che abbiamo bisogno di essere guardati, chiamati, toccati, interpellati, siamo noi che abbiamo bisogno degli altri per poter essere resi partecipi di tutto ciò che solo gli altri ci possono dare». Un monito forte e di stretta attualità: «Quando il popolo è separato da chi comanda, quando si fanno scelte in forza del potere e non della condivisione popolare, quando chi comanda è più importante del popolo e le decisioni sono prese da pochi, o sono anonime, o sono dettate sempre da emergenze vere o presunte, allora l’armonia sociale è messa in pericolo con gravi conseguenze per la gente: aumenta la povertà, è messa a repentaglio la pace, comandano i soldi e la gente sta male. Stare in mezzo alla gente quindi fa bene non solo alla vita dei singoli ma è un bene per tutti».

Energia nuova e rinnovata è stata la parola d’ordine tra tutti i partecipanti a chiusura dell’edizione 2016, ad oggi la più significativa anche da un punto di vista logistico. «Tre sono le cose che hanno caratterizzato questo festival – ha esordito al Teatro Nuovo Mons. Adriano Vincenzi, presidente di Fondazione Toniolo e Coordinatore del Festival – . La prima: quest’anno abbiamo toccato con mano la Provvidenza prima di tutto grazie al messaggio del Papa, così eccezionale per intensità e coraggio. La seconda: la serenità delle persone presenti che hanno prestato il loro lavoro. Penso alle 14 cene di valore: non abbiamo detto che buono, abbiamo detto che bello. Quando le persone impegnate nel festival oltre al servizio che si sono offerte di fare, ti fanno percepire qualcos’altro vuol dire si va oltre il servizio stesso: ci siamo trasmessi dei significati. La terza: la struttura del Cattolica Center. Noi non avremmo mai pensato di poter avere uno spazio così. E’ la prima volta che una struttura si adatta alle esigenze del nostro programma, di solito eravamo noi ad adattarci alla struttura. Questo ha generato una nuova percezione: ci siamo sentiti a casa nostra, siamo stati agevolati nelle relazioni personali, è stata ridotta la dispersione. Quest’anno non siamo solo stati al festival, ci siamo anche visti».

Il festival anche quest’anno si è posto come un intreccio tra alcuni attori della vita sociale: imprenditori, avvocati, medici, operai, commercialisti, giovani, insegnanti chiamati a confronti su temi importanti, dall’economia al lavoro, dai giovani alla sanità, dalla comunicazione all’impresa e al sociale per mettere in relazione le buone pratiche, l’operatività virtuosa, la creatività in vista di nuove progettualità.

«Tre giorni di grandi lavori – ha proseguito Mons. Vincenzi – e poi? Poi uno pensa a “priorità, programma, agenda”. Nulla di tutto ciò. Torniamo a casa senza priorità, programma, agenda perché non ne abbiamo bisogno. Perché questi tre giorni ci hanno riempito di energia: invece di tornare a casa con qualcosa da fare, torniamo a casa capaci di fare qualsiasi cosa. E’ eccezionale abilitare le persone ad operare. Per questo motivo fare il festival è importantissimo: dentro di noi è come se succedesse una trasformazione e venissimo tutti ispirati, col risultato che chi è ispirato non sbaglia. E quando siamo ispirati abbiamo meno bisogno di gente che ci dice cosa dobbiamo fare. Si percepisce dentro una grande forza che sprona ad agire. E se il festival è tutto questo, allora è una benedizione».

Partecipanti galvanizzati dalle toccanti testimonianze che si sono alternate nel corso dei vari appuntamenti ma anche un richiamo alla concretezza dell’agire qui ed ora. «Se si opera in un certo modo – ha concluso Mons. Vincenzi – si fanno le cose grandi e si resta normali; di gente che conta e non fa niente ce n’è fin troppa. Apprezzo l’impegno forte che si distende nella quotidianità. L’esempio è Maria: ha fatto la cosa più grande del mondo e ha saputo mettere insieme grandezza e semplicità. Fare cose grandi restando umili: questo è il mio augurio per tutti».

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